TANGOS ''Una Legenda''
Data: Wednesday, 28 January @ 00:49:37 CET
Argomento: Varie sul Tango


TANGOS "una leggenda"
di e con Miguel Angel ZottoA ROMA
dal 3 al 22 febbraio 2004 


TANGOS una leggenda
di e con Miguel Angel Zotto
 
 

Debutterà nel prossimo autunno a Buenos Aires il nuovo spettacolo ideato da Miguel Angel Zotto.
La coreografia è in continua evoluzione, raggiungerà la sua massima espressione il giorno del debutto. Il risultato sarà uno spettacolo intenso, emozionante e pericolosamente sensuale.
Basti ricordare gli indimenticabili “Una Noche de Tango” e “Parfumes de Tango”, dove la musica dal vivo dei bandoneon e dei cantanti hanno contornato i volteggi delle stupende ballerine, i ritmi affascinanti e le milonghe appassionate, che hanno reso Miguel Angel Zotto uno dei più acclamati ballerini del Tango Argentino

Lo spettacolo è tutte le sere alle ore 21.00 la domenica alle ore 18.00 il giovedì riposo

Un pò di storia......

Verso la fine dell’Ottocento, sbarcarono nei porti sudamericani del Rio de la Plata, in fuga da guerre e carestie, ondate di emigranti italiani, francesi, ungheresi, rusi, tedeschi e di altre nazionalità. Carichi di speranze e aspettative, cercavano una nuova vita nella "Terra d’Argento", l’Argentina. Inizialmente, si trovarono a condurre una vita assai misera e piena di rimpianti,ma, alla fine,così come centinaia di migliaia di persone prima di loro, furono costretti ad abbandonare il sogno di una terra provvida di ricchezze, travolti da vere e proprie ondate di immigrati che dalle campagne letteralmente invadevano le nascenti metropoli di Montevideo, Rosario e Buenos Aires in cerca di lavoro.
Nonostante la durezza dei lavori disponibili, dato la grande disponibilità di manodopera, i salari erano piuttosto miseri. Famiglie di Italiani, Francesi, Ungheresi, Ebrei e Slavi, cui presto si unirono schiavi liberati e Argentini della seconda e terza generazione, provenienti dalle pampas, convivevano in squallidi appartamenti in quartieri costruiti dal nulla, detti ‘"Orilla", creando una miscela unica e irripetibile di tradizioni etniche e culturali che è diventata l’ingrediente magico di un processo creativo.
Nei vicoli dell’Orilla, i nuovi Argentini condividevano un destino di disillusionee disperazione, da cui ben presto emerse una speranza comune rappresentata da una volontà di fuga, sia pure soltanto momentanea, dall’oppressione, sentimento forte espresso in canzoni, cantate in "Lunfardo", il dialetto degli emarginati, sorta di lingua comune fortemente influenzata dal Francese e dall’Italiano. 
Le canzoni cantavano la tristezza delle persone, ma anche la loro felicità e le loro gioie. Cantavano la nostalgia e la distanza, ma anche le speranze e le aspirazioni. Cantavano la solitudine, ma anche la lealtà e la fratellanza nell’avversità. La canzone, come in tante altre parti del mondo, divenne la consolazione in musica dell’uomo. E la canzone richiede come suo completamento espressivo la danza ed è così che nel vicoli di Buenos Aires, è nato il tango.
Nel tango, gli afroamericani hanno portato il ritmo delle oscure e distanti origini africane, il Condombé. Con i Gauchos delle pampas, arrivarono i Payadores e la loro musica, la Milonga (che in Spagnolo significa festa), che usavano per improvvisare canzoni accompagnate dalla chitarra,trasmettendo le notizie di fattoria in fattoria. Con i colonizzatori spagnoli e probabilmente anche mediante la migrazione degli schiavi, si diffuse l’Habanera, la danza dell’Avana a Cuba, che divenne un altro ingrediente di questo unico e originale melting pot. 

Alcuni storici ritengono che le origini dell’Habanera vadano addirittura ricercate in una danza inglese del 17 secolo, diffusasi in Francia come Contredanse, e da lì, cinquant’anni dopo, approdata nella zona dei Pirenei spagnoli come Contradanza prima di approdare a Cuba insieme ai colonialisti spagnoli e trasformarsi appunto nell’Habanera, cui si aggiunsero le varie tradizioni musicali e gli stili tradizionali dei paesi d’origine degli immigrati italiani, francesi, ebrei e centro-europei.
Il termine "tango" iniziò a diffondersi verso il 1820, riferito ad un tipo di percussione usata dagli afromaericani. Può sembrare una forzatura associare questo significato con la danza che, sebbene almeno in apparenza porti lo stesso nome, si diffuse sessant’anni dopo. In origine, gli strumenti musicali del Tango erano, infatti, il pianoforte, la chitarra e il flauto che, in combinazione con le diverse tradizioni musicali degli immigrati, produssero uno sviluppo della Milonga in una prima forma anticipatoria del Tango, così come oggi lo conosciamo. La musica dava agli immigrati la possibilità di lasciarsi andare nella nostalgia per un più felice passato, di provare un momentaneo attimo di piacere nel presente e di sognare un futuro migliore. E poi, la musica gioiosa e i ritmi sincopati della Milonga portavano con sé il senso del momento, un attimo di fuga temporanea, la possibilità di dimenticare, sensazioni da apprezzare. 
Quando poi la danza terminava e i ballerini tornavano nelle loro squallide e patetiche abitazioni, ben altra era la canzone che si cantava! Fra la gente dei bassifondi, il pianoforte era sostituito dal bandoneòn, una sorta di fisarmonica. Amato dagli Italiani, ma originario della Germania - lo strumento fu inventato da Heinrich Band (da cui il nome) - dove venne impiantata la prima fabbrica nel 1843. Il bandoneòn fu creato come strumento per la liturgia ecclesiastica, con lo scopo di sostituire l’organo nelle parrocchie meno dotate di mezzi economici. Nel gennaio del 1868 una nave svedese, la fregata "Landskrona" gettò le ancore nel porto di Buenos Aires. La leggenda racconta che parte dell’equipaggio fu invitato ad abbondanti libagioni, della durata di tre giorni, nei locali dell’angiporto e che un marinaio, avendo speso fino all’ultimo peso, barratò il suo bandoneòn (che si ritiene essere stato il primo in tutto il Sud America) per un ultima bottiglia di liquore Con l’introduzione dei particolari timbri musicali del bandoneòn il Tango venne a perdere la sua apparenza di gioiosità per acquisire una sonorità più corposa e accorata che meglio andava a descrivere le emozioni che la canzone voleva esprimere. Il tango divenne intenso, drammatico, malinconico. Il giro di bassi cadenzava la situazione di inerzia impotente che si rivelava agli occhi di quei suonatori del "ghetto" mentre la melodia traduceva le emozioni di coloro che la canzone cantava. La lotta per superare l’inerzia delle circostanze e la bramosia di una nuova libertà si trasferivano prepotentemente nella musica del tango, come lava eruttata da un vulcano. Un famoso tango di Canaro e Mores, "Adios Pampa Mia", esprime perfettamente questo stato d’animo.  
I parolieri descrivevano una visione fatalistica delle loro sfortunate condizioni sociali, cui spesso associavano la vergogna di deludere e tradire la loro classe sociale, la famiglia, gli amici e la nostalgia per i tempi perduti e gli amori sfuggiti. Il tango divenne così, quasi automaticamente, una metafora della vita stessa.
Uno dei più famosi tanghi è "La Cumparsita" di Gerardo Matos Rodriguez, scritta nel 1916, che descrive una piccola banda o processione di strada come quelle che si vedono durante il periodo di carnevale. Un altro famoso tango è "Il Choclo", di Angel Villoldo, composto nel 1905. In spagnolo "choclo" significa pannocchia di granoturco, ma nel gergo colloquiale sta ad indicare anche una parte dell’anatomia maschile. In questo caso, però, molto probabilmente "El Choclo" era il soprannome di un amico di Villoldo, così soprannominato per il particolare colore dei suoi capelli. "Caminito" di Filiberto, 1926, è invece dedicata a un vicolo del quartiere portuale di Buenos Aires, La Boca, dove approdavano gli immigrati. Nonostante i vent’anni che separano la composizione di questi tanghi, tutti e tre raccontano di uomini traditi dalle donne che amavano. "A Media Luz" del 1925, composta da Edgardo Donado, ritrae la visione nostalgica di una camera col sottofondo musicale di un grammofono che suona vecchi tanghi della gioventù del cantante vicino ad una tavola perennemente apparecchiata in attesa del ritorno della donna amata.
Discepolo, uno dei primi compositori di tango, disse:"Il tango è un pensiero triste espresso in forma di danza". Ma il tango non è solo un pensiero, è un’emozione, una sensazione, un enigma. E’ una danza non solo del momento, ma della potenzialità del momento. E’ la danza con centinaia di segreti, migliaia di ombre, milioni di misteri. E’ la danza della velatura azzurrina della nebbia e dello sfavillio del riflesso delle luci dei lampioni sui mosaici di petra delle strade; è la danza di uno sguardo scambiato, di uno stiletto in una mano invisibile.  Leone Tolstoi, il grande scrittore russo, descrisse il tango come l’"inno di morte" del capitalismo. Essendosi attirato addosso la disapprovazione delle autorità costituite, il tango divenne una forma di espressione underground.
L’adolescenza del Tango era passata nelle osterie e nei bordelli di Buenos Aires. Gli adepti si incontravano in oscuri bar per bere, suonando e ballando in angoli scarsamente illuminati. La sensualità e l’eroticità del Tango fecero ben presto nascere l’identificazione fra la capacità di ballarlo bene e la mascolinità e il machismo. Gli uomini si insegnavano trucchi e segreti l’uno con l’altro, esercitandosi fra di loro prima di mostrare la propria abilità per attrarre e sedurre le ragazze nei bordelli. Jorge Luis Borges, il grande scrittore sudamericano, così esprimeva questo concetto: "Nessuno può dire in quale città il tango sia nato, Buenos Aires, Rosario o Montevideo, ma tutti sanno in quale via - la via delle prostitute".
La Legge per il suffragio universale del 1912 condusse ad una maggiore integrazione delle classi popolari e il tango conquistò una nuova libertà. Ma nonostante lo si potesse nuovamente danzare alla luce del sole, il tango aveva ormai acquisito il sapore di un frutto proibito. Ognuno voleva ballare. Ognuno voleva essere visto ballare. Era diventato più popolare di prima, aveva conquistato l’alta società, per cui vennero organizzate feste di tango e aperte sale da ballo per soddisfare la crescente domanda e la sua fama ben presto varcò i confini del Sud America Nel 1911, mentre a Londra George Grossmith e Phyllis Dare si esibivano al Gaiety Theatre, nella New York Revue per la prima volta negli Stati Uniti si sentiva parlare del tango. A partire dal 1912, i due danzatori americani Irene e Vernon Castle ballarono una loro personale reinterpretazione del ballo e in Europa il tango furoreggiava nei Tango Café e nelle Tango Tea Rooms.
Le caratteristiche audaci del tango ovviamente fecero in modo che non venisse approvato da tutti. Nel 1913, il teologo americano Campbell Morgan espresse una curiosa ipotesi insinuando che il tango fosse la conferma della teoria di Darwin, ovvero della discendenza dell’uomo dalla scimmia. Contemporaneamente, in Europa, l’Arcivescovo di Parigi, il Cardinale Amette, dichiarava che "I Cristiani non dovrebbero in buona coscienza prendere parte al tango". L’anno successivo, lo stesso Papa Benedetto XV si scagliò veementemente contro il tango, "è oltraggioso che questo ballo indecente e pagano, un assassinio della famiglia e della vita sociale, sia anche ballato nella residenza papale!". Il tango si diffuse in tutta Europa, causando problemi ovunque veniva danzato. Nel 1914, il Kaiser Guglielmo II proibì ai suoi ufficiali di ballare il tango in uniforme considerandolo lascivo e contrario alla pubblica decenza. Il capò della polizia di Monaco di Baviera bandì il tango una volta per tutte alle festività primaverili, sostenendo che "... ha molto più a vedere con la stimolazione sensuale ed erotica che con la danza". Rodolfo Valentino nel film "I quattro cavalieri dell’apocalisse" rese popolare una versione piuttosto melodrammatica e teatrale del tango, ma il più grande impulso alla sua diffusione venne da Carlos Gardel. Figlio di una stiratrice di origine francese che era emigrata in Argentina, Gardel crebbe con il tango e ne condivise le umili origini. La prima partitura di tango fu pubblicata nel 1888, contemporaneamente alla nascita di Gardel. Famoso, di bell’aspetto, popolarissimo cantante di tanghi, compositore e stella cinematrografica, Gardel divenne ben presto popolarissimo in Argentina. Nel 1930 l’esercito prese il potere e la gente perse la libertà politica e il diritto di voto. Il tango, la voce del popolo, fu ridotto al silenzio. Gardel emigrò da Buenos Aires a Parigi seducendola prima di essere tragicamente ucciso, vittima di un disastro aereo, a Medellin in Colombia. E ancora oggi la sua tomba, al cimitero Chacarita di Buenos Aires, è meta di pellegrinaggi Negli anni Trenta, George Raft, che mostrava alcune delle autentiche emozioni del tango, colpì l’immaginazione di milioni di spettatori cinematografici. Il ballo che George Bernard Shaw considerava "...essere l’unica danza sociale moderna che è riduttivo chiamare un ballo" era entrato nella fase della sua maturità. A differenza dei balli di sala, il tango argentino autentico è caratterizzato da una vena introspettiva e di intimità con una particolare attenzione interamente incentrata sul proprio partner o sulle relazioni e interazioni tra i due danzatori. La coppia guarda dentro se stessa per ballare il tango. L’essenza è esplorare reciprocamente la profondità delle sensazioni. La passione interiore e intensa del tango argentino si esprime nella crescita di un’emozione forte e intima, che cresce vorticosamente fino a sfociare in movimenti sempre più veloci e intricati per poi smorzarsi nuovamente in una fase, quasi riflessiva, di ricerca reciproca delle sensazioni. Questa intrinseca energia è solo saltuariamente interrotta e non è mai pienamente manifestata, per non lasciar sbollire l’emozione. Il tango è come un sussurro in una cattedrale silenziosa che improvvisamente le migliaia di voci di un coro invisibile sovrastano per poi, di colpo, tacere e ripiombare nel silenzio e nella sua potenzialità. L’essenza del tango risiede nell’impressionante forza della sua calma e la sua profondità può essere compresa soltanto per mezzo di quella. Il tango è sempre stato un ballo intimo e, poiché non richiede troppi spostamenti, per essere praticato richiede poco spazio. Quando, quindi, iniziò a diffondersi nelle sale da ballo di tutta Europa, il suo stile e i limitati movimenti intorno alla sala non rispondevano appieno alla concezione europea di ballo e lo stile autentico fu ben presto modificato. La bellezza del tango fu soppressa con una versione più veloce, brusca, sincopata e ritmata. Il tango fu inserito nelle danze da competizione nella categoria dei balli da sala e si introdusse una nuova tendenza per la quale i ballerini si spostavano attorno alla pista con una serie di passi di marcia staccati e con una sezione passeggiata caratterizzata da una sorta di contagiosi movimenti rotatori della testa, che devono aver causato chissà quanti sorrisini ironici in Argentina. La ardente passione dell’autentico tango argentino era stata trascinata dalla sua intimità misteriosa e seducente ad essere rappresentata intorno ad una sala da ballo in uno stile più focoso che ardente, più arrabbiato che amoroso, più ostentato che intimo, che rispondeva più facilmente all’idea preconcetta del pubblico su cosa un ballo dovesse essere. Il pubblico della danza, cioè, dei paesi dominanti dal punto di vista politico, che stabilivano le tendenze e dettavano le mode, fece sì che questo divenne lo stile dominante del cosiddetto Tango Moderno. Ciò nonostante, in molti paesi latini dove bar e caffé, invece che le sale da ballo, fornivano lo spazio e le occasioni di incontro per le danze popolari, il tango moderno non ebbe modo di convertire coloro che continuavano a provare amore e lealtà verso lo stile originario e autentico del tango. Negli ultimi tempi, il tango argentino si è riappropriato della sua qualifica di stile originale del tango, non solo in Europa, ma in tutto il mondo. L’interesse per questo ballo è crescente tanto che vengono organizzate competizioni e i campionati, anche se non ufficialmente riconosciuti dalle principali associazioni internazionali, si tengono difronte a pubblici di migliaia di spettatori e vengono ripresi dai principali network televisivi europei. Il tango ha percorso un enorme cammino dalle sue umili origini, ma ha ancora una lunga strada da percorrere. La sua storia è inestricabilmente legata alla sua leggenda, alla esagerazione romantica e alla reminiscenza nostalgica. Ed è proprio questo che lo rende così ricco. Ha compiuto da tempo cento anni e continua a vivere. Ma perché questa popolarità? Perché il tango non è un ballo inventato da coreografi professionisti o maîtres de ballet per soddisfare un desiderio passeggero del pubblico della danza, ma è un ballo naturale con movenze naturali. E’ un ballo nato per la gente comune, inventato dalla gente comune. E’ una danza che abbraccia tutta la gamma delle emozioni dall’esasperazione all’estasi. Non è un ballo sessuale bensì un ballo sensuale, stimola più che soddisfare. E’ una danza di pura passione e di tendenza intimistica, di dominazione e di seduzione. E’ il ballo dei bassifondi come dell’alta società, è lo spirito del canyengué, lo spirito dei vicoli di Buenos Aires. Finirà mai la storia del tango? Nessuno può dirlo. Ma il prossimo capitolo è appena iniziato e chiunque potrebbe scriverne una parte. Il momento è esaltante. Tutte quelle innumerevoli persone anonime il cui amore sincero e privo di ambizioni per il tango più di una vita fa ha sollevato dalla loro povertà e dal loro bagaglio privo di privilegi sociali, hanno portato il tango, senza clamori e senza enfasi, a varcare trionfalmente le soglie del ventesimo secolo. Sono scomparsi da molto tempo, ma il loro lascito sopravvive nel tango che ci hanno tramandato. La storia del tango continua ogni giorno nelle più piccole sale dei più sperduti villaggi così come sulle piste da ballo delle più importanti competizioni internazionali. Continua più come fenomeno individuale che per mezzo delle scelte politiche delle più grandi organizzazioni e associazioni ufficiali di categoria. Lo spirito del tango risiede da qualche parte dentro di noi.

 

 







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