Ott
08
2010
1

I diari della Luchadora #3

Un cappello a cilindro, una mariposa e un appassionato divertimento

Quante volte nella vita immaginiamo una situazione che siamo certi prima o poi dovrà accadere, ma la immaginiamo lontana perché al momento non ci sentiamo all’altezza di fronteggiarla? E se, inaspettatamente, quella situazione dovesse capitare quando ancora non ci sentiamo pronti ad affrontarla? Che fare? Evitarla o prendere coraggio pensando che un “no” potrebbe costituire la perdita di un’occasione?

Entro in milonga insieme al mio gruppetto di amici tanghéri (milongueros. Ndr). E’ una milonga all’interno di un vecchio circolo culturale nella periferia urbana. Sul fondo della sala c’è una vera orchestra argentina che suona dal vivo. Arriva il primo invito. È stata una giornata pesante e mi sento stanca. Ma accetto. Forse il tango mi aiuterà ad alleviare la stanchezza della quotidianità, penso. Purtroppo già dopo il primo tango vorrei subito andarmene: non ritrovo la sintonia nei passi, l’ascolto reciproco. Il ballerino mi abbraccia distrattamente. Guarda i suoi piedi. Sembra non vedermi, non sentirmi. Si ostina a farmi fare cose che il mio corpo non vuol seguire. Ma resisto solo per educazione, tentando di non far trapelare l’eccessivo fastidio per quella tanda condivisa con un compagno che sembra non capire che a ballare siamo in due. Finita la tanda mi vado a sedere al tavolo e a salutare un’amica che non incontro da anni. Meraviglia del tango: nelle milonghe capita di rincontrare persone che proprio non ti aspetti di incontrare! Mentre io e lei parliamo, una di fronte all’altra, a sorpresa una mano maschile si appoggia sul tavolo. I miei occhi vanno su quella mano. Risalgono il lungo braccio in direzione del volto della persona che si è intromessa tra me e la mia amica: “il fenomeno” è in piedi davanti a me. Ha la testa leggermente reclinata verso la mia. Sorride e tiene la sua mano sinistra aperta per invitarmi a ballare.

“Il fenomeno”. L’ho notato sin dalle mie prime serate in milonga. L’ho notato subito per il suo stile energico e così sopra le righe. Chi non l’ha notato? Mi hanno detto che non balla da molto tempo. Anzi, da pochissimo. Per questo l’ho soprannominato “il fenomeno”. Ogni volta che mi capita di guardarlo ballare rimango estasiata. Mette passione anche nello sguardo, nelle espressioni del volto. E la cosa entusiasmante è che riesce a trasmettere tutto questo alla partner, coinvolgendola. Una volta, mentre lo osservavo ballare, un mio amico mi ha chiesto: “E se t’invitasse a ballare? Se ti dovesse chiedere: Balliamo?” Senza pensarci su ho risposto al mio amico: “Gli direi: sì, nell’agosto del 2011… ma anche nell’agosto 2012! … ora non mi sentirei affatto pronta.” Il mio amico ha tentato di farmi capire che i bravi tanghéri sanno far ballare bene le donne. E lo so anche io. Quante volte, a noi donne, ci è capitato di ballare con esperti tanghéri, soprattutto con i più “anziani”, e di scoprire di essere in grado di fare cose che non ci saremmo mai immaginate di poter fare? Ebbene, “il fenomeno” era diventato il tormentone ironico del nostro piccolo gruppo di tanghéri. Ogni volta che usciva fuori l’argomento “il fenomeno”, il tutto si concludeva con la mia frase: “Agosto 2011”.

Ebbene, “il fenomeno” è di fronte a me, tiene la testa leggermente reclinata verso la mia e sorride come se tenere quella sua mano sinistra che mi invita a ballare sia la cosa più naturale del mondo. Dunque: che fare? Declinare l’invito rischiando che si offenda e che non mi inviti mai più a ballare? O accettare andando incontro al rischio di non riuscire a stargli dietro? Lui è lì che aspetta. Io guardo la mia amica. La mia amica mi guarda e mi dice: “Vai!”. Il mio amico – sempre il mio amico che assiste a tutte le situazioni più assurde che mi capitano in milonga!– ha visto tutta la scena e mi guarda in cagnesco, come a dire: “Non fare la stupida: accetta!”. Io so solo che mi alzo in piedi accettando l’invito e pensando: “In fondo cosa potrà mai accadermi?”. E, mentre penso questo, farfuglio qualcosa del tipo: “Doveva essere non prima dell’agosto 2011…ma anche agosto 2012!”. “Il fenomeno” non capisce cosa ho detto e io non faccio in tempo a spiegarglielo che mi ritrovo nell’abbraccio. Il cuore corre perché tutto ciò è inaspettato. Cerco di calmarmi e mi ripeto: “Smettila di agitarti: altrimenti non ti godi il momento!”. Il cuore batte forte al ritmo dei nostri passi. Lì capisco il significato profondo delle parole di Pedro Vargas. Sto ballando al ritmo che più si avvicina al compas del mio corazon. E se così non fosse, significa che sto per avere un infarto! Ma – penso alla fine del primo tango e nell’attesa del secondo – l’infarto c’è se il cuore cessa di battere. E io, invece, posso sentirlo forte e chiaro: sono viva!

La tensione del primo tango inizia a sciogliersi. Fino a quando, tra i nostri passi divertiti, scompare del tutto. Già. Perché per la prima volta mi sto veramente divertendo. I nostri piedi s’inseguono. E scopro che la passione può annidarsi anche nel divertimento. Un appassionato divertimento. L’orchestra dà il via al terzo tango: “La mariposa” di Osvaldo Pugliese. E, di nuovo, l’abbraccio. Un lungo respiro per ascoltarsi e, poi, via. Si riparte. Quando a un tratto “il fenomeno” si ferma. Il suo braccio destro scivola via dalla mia schiena per andare ad afferrare un cappello a cilindro nero posato su un tavolo al bordo della sala. “Il fenomeno” indossa il cappello a cilindro. Già: è proprio un cappello a cilindro nero! Io penso che tutto ciò sia surreale ma incredibilmente ironico. Così come la vita, se presa per il verso giusto e con la sana dose di coraggio. Il tango di Pugliese sta per volgere al termine. Un ultimo gancio: le nostre gambe rimangono tese fino all’ultima nota. Ancora qualche attimo fermi, avvolti nel silenzio. Per questa sera non voglio più ballare: è stato un tango perfetto. E non voglio contaminare il sorriso tornato sul mio volto.

Chissà, forse non ballerò mai più insieme a “il fenomeno”. O forse sì: perché quando “da dentro” si percepisce il divertimento vitale non c’è neanche bisogno di comunicarselo a parole. Basta un semplice sorriso. Vado, dunque, a dormire. E ora lo so che, con un pizzico di coraggio, ci si può svincolare da un garbuglio di pensieri e timori che ci fanno sentire intrappolati per lanciarsi, invece, nel vuoto. E riscoprirsi una fantastica farfalla.

Una fantastica farfalla che, a sorpresa, si diverte volteggiando attorno a un curioso cappello a cilindro!

La Luchadora

nota: tanghéri - leggi milongueros. Ndr


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