Frammenti di una prima milonga
Andare a ballare fuori in milonga è importante, fa crescere, fa divertire, fa imparare meglio. Quando un principiante esce a ballare e conosce la milonga per la prima volta accadono mille cose divertenti e commoventi, specialmente se è in gruppo con i suoi amici, principianti come lui e non. Ne nasce una bella serata che molti ricorderanno come il loro battesimo milonguero.
GROUCHO, è il nome di battaglia che si è scelto uno di loro, sull’onda dell’entusiasmo della serata ha scritto il pezzo che leggete, bello, commovente che merita di essere letto e ricordato.
Ebbene vi presento Groucho, buona lettura.
La Redazione
Attentamente guardo le luci, ascolto i suoni contemplo la giostra dei danzatori che scorre davanti ai miei occhi. Guardo, e dentro di me si compongono ricordi e suggestioni diversissime. Penso al ballo e mi tornano in mente alcune scene di romanzi i film che ho molto amato, dove il ballo è una parte cruciale della narrazione, il punto focale dove si somma l’essere e l’apparire, il vedere e l’essere visti, dove i personaggi nel ballo scoprono una parte di sé, percepiscono i propri sentimenti profondi, ne hanno timore e al tempo stesso ne sono irresistibilmente attratti.
Osservo ancora. Altre suggestioni. Questa volta sono le sale da ballo di Renoir, le scene di danza di Degas, con le loro luci, le sfumature che ricostruiscono i suoni. Osservo quegli specchi alle pareti che rimandano ciò che avviene sul parquet. Lo specchio, l’infedele testimone di ciò che siamo, l’immagine di noi riproiettata in cui spesso non ci riconosciamo, a sua volta diversa da quella che di noi ha chi ci osserva.
Osservo, osservo, osservo e improvvisamente vengo invitato a ballare. In quel frammento di tempo tra l’alzarmi e l’abbraccio c’è velocità e sospensione, la velocità consueta di un’azione semplice e la sospensione di un tempo che sarà scandito da un tango. Tutto svanisce, la tensione è così forte che le gambe mi tremano, letteralmente. Mi tremano ma vanno, per mia fortuna, da sole e un po’ incespicando a scandire il mio primo passo in una milonga (e, per inciso, ringrazio la meravigliosa pazienza della mia prima, in assoluto, compagna di ballo).
La sala gira, la sala, non io, perché io non so assolutamente cosa sto facendo, e credo si percepisca bene nel mio sguardo. Mi rendo conto di non ricordare neppure un passo al di là della base, e se mi avessero chiesto, in quel momento, cosa stavo facendo probabilmente non avrei saputo dirlo neppure.
E il tango va e io anche. Lentamente mi accorgo, capisco, che sono io a guidare (evidentemente) e lo “specchio” gentile rimanda i miei passi, indecisioni, esitazioni e paure. Il tango finisce e, quasi stordito, ritorno al tavolo.
È stato bellissimo, unico, come tutte le prime volte. Ma qui c’era una differenza, enorme, io non ero da solo. Le prime volte di molte delle cose che mi sono avventurato a fare sono state tutte da solo: la prima volta che parli in pubblico, che sali su un palco a recitare o che ti schieri col coro per cantare. Ma qui è diverso, non ballo da solo, “l’altro” è il tuo specchio che stringi e ti restituisce le tue sensazioni, e al quale al tempo stesso comunichi le tue, in teoria, perché non credo proprio di riuscire, nel mio primo tango, a percepire questo livello di sensazioni. Troppo teso.
La sala intorno a me continua a girare la sua giostra mentre io ritorno a sedermi.
Altri tanghi, e riesco, abbastanza, ad ammaestrare la mia tensione, fino a quando non viene IL MOMENTO. Ballo con lei, la mia compagna, la mia compagna di vita. È la nostra prima volta, in assoluto. Mai ballato assieme (perché le lezioni non contano in questo caso). Ormai le gambe non mi tremano più e mi sento più sicuro. Ma l’emozione è fortissima, lo percepisco nella fatica che faccio a guidarla. Stiamo ballando il nostro primo tango. E la sala scompare, letteralmente scompare nei suoi occhi che divengono l’orizzonte dove ondeggio. Siamo nel tango.
Groucho
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