Ott
29
2008
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Minas, Zapatos y Tango

L’arte di ballare con i tacchi alti nel tango argentino.Trucchi, suggerimenti, teoria e pratica.

Alcune ragazze trovano estremamente difficoltoso ballare o camminare in modo soddisfacente con i tacchi alti o a spillo. In questo giudizio entrano sicuramente dei fattori di adattabilità personale, ma ciò non toglie come molte di esse cerchino di camminare con questo tipo di calzature usando gli stessi movimenti con cui porterebbero scarpe piatte, il che da ovviamente risultati del tutto deludenti.
Camminare con i tacchi alti richiede invece movenze precise e ben studiate. All’inizio sarà necessario concentrarsi con grande impegno sulla posizione delle varie parti del corpo, ed in particolare sulla distribuzione dei pesi: poi, una volta assimilate tutte queste fasi, i movimenti diventeranno fluidi e disinvolti senza più richiedere un’attenzione continua. Per fare un paragone molto calzante, camminare con i tacchi alti è come imparare a guidare: dapprima i nostri movimenti saranno lenti ed impacciati poichè si è costrette a riflettere prima di ogni azione, poi - una volta acquistata una sufficiente dimestichezza - le vari azioni si susseguiranno in maniera del tutto automatica, e sarete libere di ballare o camminare disinvolte

Teoria

Parte 1. - Il bilanciamento trasversale
Nella postura eretta, gran parte del peso del corpo viene scaricata sulle ossa del tallone, e solo in minima proporzione sulla parte anteriore del piede. Questo fatto crea delle difficoltà a chi indossa i tacchi alti per la prima volta, poichè il peso viene appoggiato su una struttura elevata ed instabile, con i conseguenti problemi di equilibrio. L’unico modo di mantenere la stabilità è dunque quello di porre il tacco perfettamente verticale, e di portare per quanto possibile il peso sulla parte anteriore del piede: le dita poggiano infatti in maniera naturale, e possono efficacemente opporsi ad uno sbandamento sui lati. Per migliorare l’equilibrio, immaginate una linea immaginaria tra l’estremità del tacco e la punta del piede e cercate sempre di far cadere il peso del corpo lungo quella riga.

Molto spesso si sente affermare qualcosa del tipo “ho perso l’equilibrio, e dunque la scarpa si è inclinata bruscamente di lato”; in realtà accade esattamente l’opposto: il tacco si inclina e diventa dunque impossibile mantenere l’equilibrio. Si osservi ad esempio la fotografia seguente: la linea delle gambe prosegue direttamente nel tacco, e la verticalità di quest’ultimo garantisce un appoggio affidabile.

tacchi

tacchi postura eretta

Assimilare il bilanciamento trasversale è forse la cosa più difficile: tuttavia, una volta acquisita la capacità di fronteggiare gli sbandamenti di lato, questa può venir utilizzata in ogni fase del passo, senza che via sia il bisogno di modificarla continuamente.

Parte 2. - Il bilanciamento longitudinale
A differenza del bilanciamento trasversale, che non muta mai, il bilanciamento longitudinale varia in continuazione lungo le varie fasi del passo. In altre parole, se da un lato il peso del corpo deve sempre cadere in linea col tacco, la distribuzione dei pesi tra tacco e punta varia continuamente.
In questa pagina adotteremo inoltre delle particolari convenzioni grafiche per migliorare l’efficacia delle immagini: un triangolo pieno segnala un punto dove la scarpa tocca il pavimento appoggiando su di esso il peso del corpo; un triangolo vuoto indica invece un punto dove la scarpa tocca il pavimento, ma senza caricarvi alcun peso.

peso distribuito

peso distribuito


In posizione di riposo, o posizione 0, il peso viene scaricato sulla punta del piede e sul tacco. L’equilibrio è più agevole se si flette un ginocchio leggermente in avanti ed uno nella direzione opposta: alternando la posizione delle due gambe è possibile migliorare la stabilità con piccoli movimenti. Questo movimento contribuisce pure a diminuire l’affaticamento, ed è dunque una misura efficace quando i piedi cominciano a dolere.



peso sulla gamba sinistra

peso sulla gamba sinistra

Si sposta gradualmente il peso sulla gamba opposta a quella che dovrà muoversi. Ad esempio, se si vuole portare in avanti la gamba destra, occorre spostare il peso del corpo sul piede sinistro. In questo modo il piede sinistro tocca il suolo ma non vi scarica più alcun peso, ed è dunque pronto ad essere spostato.
Tutto il peso del corpo è caricato sul piede sinistro: il piede destro può quindi scivolare sulla pista senza che l’equilibrio venga modificato in maniera sostanziale.
Nella fase immediatamente successiva il piede viene portato in avanti o indietro; quando incede in avanti o indietro il tacco tocca il pavimento quasi sempre senza peso, oppure solo quando perdiamo la posizione apilada. Come evidenziato dalla simbologia, è necessario appoggiare soltanto la punta del tacco, senza però scaricare il peso sull’altro piede.
Se invece si cerca di appoggiarsi sul tacco vi è rischio di caduta perchè si cerca di far affidamento su una struttura obliqua, e dunque altamente instabile.
E’ possibile in alcune occasioni fare perno sul tacco, la caviglia allora viene lentamente ruotata fino ad appoggiare completamente la punta; le dita del piede sinistro, in questo caso, vengono invece flesse alzando il tacco da terra. Contemporaneamente il peso viene via via portato sul piede destro (che ormai appoggia in maniera stabile) mentre il sinistro viene scaricato, ed è dunque pronto a venir spinto in avanti.
All’inizio sarà pressochè inevitabile muoversi un pò a scatti perchè attenti alla corretta esecuzione, poi le vari fasi si fonderanno l’una nell’altra fino dare un incedere fluido ed elegante.
E’ inoltre importante camminare all’inizio con passi molti più piccoli del normale concentrandosi in modo attento sulla perfetta esecuzione dei movimenti e sul bilanciamento dei pesi: la velocità e la disinvoltura verranno in seguito, quasi senza accorgersene. Per le prime prove scegliete un pavimento stabile (da evitare i tappeti).
I presupposti per ballare con i tacchi alti sono una corretta posizione apilada, quindi un abrazo encerrado.
Nel caso di un abrazo enlazado la donna deve avere una perfetta padronanza della camminata con le scarpe con i tacchi alti che porta a dinamiche diverse e più complesse.

Gli errori ricorrenti

Errore 1: La papera
Avviene quando manca la posizione apilada corretta e incedendo avanti o dietro. Si tratta di un comportamento istintivo, che causa però un incedere sgraziato e poco elegante, assai simile a quella del noto animale da cortile

tango sci

tacchi sci


Errore 2: La sciatrice
Molte ragazze camminano (o stanno ferme in piedi) tenendo le ginocchia molto flesse per evitare un angolo troppo elevato tra la tibia ed il collo del piede. Le ginocchia sono flesse in maniera eccessiva e le natiche si trovano in posizione eccessivamente bassa ed arretrata. L’andatura che ne deriva è tuttavia assai sgraziata, mentre il continuo sforzo per mantenere questa posizione causa un rapido affaticamento della schiena e del bacino. Questo difetto è spesso associato alla “papera”.





tacchi pollo

tacchi pollo


Errore 3: La coscia di pollo
Un altro modo scorretto di calzare i tacchi alti è il cosiddetto “polpaccio da ciclista”. Molte ragazze mantengono una posizione irrigidita, poco naturale, che denota uno spasmo muscolare del polpaccio, ed in genere di tutta la gamba. Questa (come evidenziato dalla figura seguente) assume la poco estetica forma della coscia di pollo.






Consigli pratici e pensieri da Minas con zapatos de taco alto

Porto i tacchi da quando avevo 13 anni e vi assicuro che se non si portano quasi tutti i giorni non ci si abitua mai, inoltre se pure si è abituati, quando si cambia dal tacco alto al basso o viceversa si hanno dolori altenativamente al polpaccio o alle piante dei piedi.
Consiglio finale: portate le scarpe con i tacchi tutti i giorni e provate a prenderci l’autobus di corsa, superata questa prova potrete fare tutto.
Lilla66

Written by admin in: Varie | Tag:, ,
Ott
22
2008
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Tango “El Amanecer” di Roberto Firpo

Il tango “El Amanecer” di Roberto Firpo nacque all’alba (amanecer) di un nuovo giorno, che avrebbe potuto sorgere tra il1909 e il 1910. Firpo rientrava dopo aver suonato in un café della Boca. Per tornare a casa, nella calle Rioja, aveva preso uno di quegli autobus a due piani dei primi del ‘900. La storia di questo tango parte da lì.

Questo tango è scritto per coloro che a quell’ora si incontrano per strada, sia perché vanno a dormire o perché si alzano presto, sanno che è un momento del giorno in cui si incrociano coloro che rientrano dalla notte con quelli che vanno a lavorare.

E questo è ciò che notò in quell’alba Firpo, su quel tram: condivideva il viaggio con i lavoratori che raggiungevano i loro impieghi e gli scapestrati che tornavano dalla notte brava. Tutto questo gli diede l’idea per un tango: El Amanecer. Tuttavia mancava ancora qualcosa per completare la sua idea che non si trovava in quel tram.

Nel tragitto tra la fermata e la sua casa, il gorgheggio degli uccelli si aggiunsero all’ispirazione di Firpo. Nella sua mente si era formata la idea generale del tango, che tuttavia ebbe un lento processo di gestazione che durò quasi un anno fino alla sua versione definitiva.

Firpo non dimenticò il trillo degli uccelli in quel mattino e li incluse tra le nota del tango.

Ora qualcuno sospetta che Firpo in realtà provò a fare un’altra cosa, che alcuni dei più grandi compositori dell’umanità avevano già fatto. E’ così che si può ascoltare il canto degli uccellini in opere come “Il Cardellino” di Vivaldi, o nella “Sinfonia Pastorale” di Beethoven.

Per alcuni un compositore di tango non era abituato ad ascoltare questo genere di musica. Tuttavia non si deve dimenticare che Firpo soleva interpretare brani classici e avrebbe ben potuto ascoltare almeno uno di quelli su citati.

Una volta scritto questo tango, lo interpretò in alcuni caffè de La Boca. La prima esecuzione pubblica di una certa rilevanza fu però quella dell’orchestra del maestro D’Alò nel 1911, nella pista da ballo del famoso Parque Japonés, con la orchestrazione di Salvador Merico.

Testo di Carlo Hugo Burgstaller. Traduzione di Fabio Antonucci.

Written by Giulio in: Musica |
Ott
16
2008
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Tango a Roma: Riflessioni su Musica, Tecnica e Problemi del Tango nella Capitale

I maestri de La Academia de Tango Los Chantas Cuatro condividono alcune riflessioni sul Tango a Roma in una lettera aperta sul Tango, su quello che è o dovrebbe essere e su quello che sta diventando a Roma, a beneficio di chi si è avvicinato da poco al tango argentino e di chi invece lo pratica da più tempo.



Credit: (CC) Éole Wind - http://www.flickr.com/people/eole/

Credit: (CC) Éole Wind - http://www.flickr.com/people/eole/



Il tango argentino è la musica, in tutte le sue manifestazioni, i suoi ritmi e le sue tipologie. Su questo non ci piove. Il tango argentino è poi anche il ballo, e qualcuno dice che sia anche una danza, gusti personali. Il tango argentino è poi molte altre cose: arte, cinema e cultura; fino a divenire per gli argentini un modo di camminare e finanche di vedere la vita in un certo modo. Ma io qui oggi mi fermo alla musica e al ballo.

Quando noi balliamo tango argentino dobbiamo ballare la musica. Nessun ballerino/a balla senza musica.
E’ questo l’insegnamento che ci viene dai vecchi milongueros

Quello che accade invece e che molti ballano i passi o ballano le coreografie o le pose che si sono messi in testa. Chi balla i passi invece della musica, ha deciso di barare con se stesso, per motivi vari pensa di prendere una scorciatoia o di ridurre tutto ad una sciarada o a una caricatura.

A noi i passi non mancano, i “vecchi” del gruppo vi possono testimoniare che anche dopo dieci anni i passi non sono finiti, e ne continuano a vedere di nuovi e inediti. Ma attenzione, questo serve solo a mentenere viva l’attenzione, il passo nuovo è solo la scusa per esercitare la pratica del tango.

Per migliorare il domino e la padronanza sul proprio corpo, la capacità di gestire l’equilibrio, di spostare il peso, di controllare il proprio asse insieme a quello della donna in un respiro solo. Prerequisiti indispensabili per ballare.

Come mai allora ci meravigliamo quando vediamo un bravo ballerino che ha un’ottima tecnica ma balla la musica e non solo i passi che la sua tecnica gli consentono? Acquisendo molta tecnica possiamo fare a meno della musica? Ecco io credo che questo sia un equivoco in cui molti, quasi tutti, oggi, cadono.

Distinguiamo un bravo ballerino quando la musica che balla si esprime sulla tecnica che possiede, ma attenzione: se balla solo la sua tecnica, balla sui passi e non sulla musica.

Come si balla sulla musica? Bisogna sentire la musica, il suo ritmo ci deve possedere e ci deve commuovere, e ci deve anche divertire, se questo miracolo non avviene non abbiamo chance. Se la musica del tango non ci commuove o non ci diverte o non ci piace, se il suo ritmo non è dentro di noi non andiamo da nessuna parte.

Ciascuno di noi “sente” di più alcuni brani e preferisce ballare quelli piuttosto che altri, perchè “mi piacciono di più” spesso si sente dire. A parte i gusti personali, questa è una chiara spiegazione del fatto che ci riesce meglio ballare quando “sentiamo meglio” la musica e la sentiamo più vicina alla nostra sensibilità e quindi inconsciamente il nostro desiderio è effettivamente quello di ballare la musica.

Peccato però che quando non arriviamo a “sentirla” bene ricadiamo nel vizio e nella tentazione di ballare i passi.

Avere la coscienza di questa meccanica è già una fortuna, è il primo passo per sapere che la soddisfazione massima è quando andiamo a cercare la musica e non i passi.

L’indice massimo della nostra capacità di sentire la musica del tango è la quantità di brani che sentiamo vicini a noi. In parole povere: minore è la quantità di brani che ci piacciono, più siamo difficili di gusti, meno siamo dentro alla sensibilità di questa musica; e al contrario maggiore il numero di brani che “sentiamo” e quasi totale è la nostra sensibilità e comunanza con la musica di tango, più siamo dentro e vicini alla musica, e più siamo pronti ad esprimerla con il corpo attraverso la tecnica che possediamo.

Sulla tecnica anche vorrei dirvi quanto segue: la tecnica di questo ballo si impernia molto sulla capacità propria di saper gestire il proprio e l’altrui equilibrio, sulla respirazione che accompagna i movimenti e ci dà la forza per coordinarli.

La gestione del peso anche è fondamentale, fa parte del meccanismo che ci consente di controllare noi e l’altro. Cito sempre una frase che Pablo Veròn ci disse, oramai circa dieci anni fa, e che trovo vera ed illuminante: “Quando diventi padrone del tuo corpo, allora puoi fare quello che vuoi e non hai più limiti“.

Questo è quello che ci disse dopo tante volte che gli veniva richiesto come poteva fare una cosa piuttosto che un’altra. Ecco in quella occasione lui non ci diede il pesce ma la canna da pesca, e fu un insegnamento vero.

Divenire padroni del proprio corpo vuol dire gestire completamente i punti elencati sopra.

La tecnica si esercita e si migliora con la pratica, senza la gestione di anche solo di uno dei punti sopra scritti non abbiamo una buona tecnica il che vuol dire che possiamo permetterci meno passi e meno figure, ma non che non possiamo ballare.

Produrre passi o figure che non sono supportati da una buona tecnica non ci fa ballare meglio, al contrario ci rende ridicoli.

L’altezza o il peso sono relativi e non importanti, se si possiede un buon equilibrio si può ballare con una persona più alta o più pesante o più bassa e più leggera. Esteticamente però altezza e figure equilibrate sono migliori, ma è solo un discorso estetico da fare per occasioni particolari come le esibizioni.

All’inizio da principianti non pensiamo alla musica, siamo concentrati sulla tecnica sui passi, poi piano piano la musica si fa avanti e deve acquisire importanza maggiore, osservate in sala, in milonga si vede molta gente che balla i suoi passi per impressionare l’altro/a o il pubblico.

Si può impressionare molto di più l’altro/a ballando sulla musica, è più difficile ma più potente.

Questo è il vero trucco, la mossa segreta, il passo inedito, la coreografia finale.

E’ anche originale perchè ciascuno di noi è unico e sente la musica in maniera differente e in questo modo la trasmette. Migliorare la tecnica serve solo ad amplificare l’effetto del risultato di ballare sulla musica, ma non lo sostituisce. Se siete poveri sotto l’aspetto musicale non diventerete più ricchi con due figure in più.

E’ questo il tango argentino, è la passione della commozione o del divertimento estremo del ballare questa musica insieme ad un’altra persona, del sentirsi vicini anche quando l’altro è un estraneo apparentemente lontano, è una ubriacatura e una comunione dei sensi, un momento intimo condiviso.

Il resto viene dopo ed è accessorio.

Le strade sono sempre due, una facile e l’altra difficile e lunga. Una che porta illusioni facili, l’altra soddisfazioni dopo lunghe fatiche. Ciascuno sceglie quello che vuole, la maggior parte la via corta, quella facile, che finisce presto però, pochi quella lunga.

Queste righe solo per condividere una passione comune.

Oggi che a Roma il tango sembra una merce da vendere, confezionata in varie modalità, come la salsa, per avere un prodotto differenziato da offrire al pubblico. Raccontare queste cose sembra diventato poco opportuno o sembra una vergogna dire che questi erano gli insegnamenti dei grandi maestri del passato.

Da noi quasi tutti trovano quello che cercano, chi i passi, chi la musica, chi un gruppo di amici, chi qualcos’altro…ma questo è un’altro discorso.

Io cerco la musica, perchè sapete, quando la musica finisce, quello che rimane è il silenzio.

Marco

Written by admin in: Cultura, Lezioni, Musica | Tag:, , , ,
Ott
09
2008
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Juan D’Arienzo: Biografia, Musica e Video

Era conosciuto come ” El Rey del Compàs ” perché così lo battezzò il Principe Cubano ( Angel Sànchez Carreño).

Juan D'Arienzo

Biografia di Juan D’Arienzo

Juan D’Arienzo nacque a Buenos Aires, nel quartiere di Congreso, il 14 Dicembre del 1900 e morì nella medesima città il 14 Dicembre del 1976.

Era conosciuto come ” il re del Compàs ” perché così lo battezzò il Principe Cubano (Angel Sànchez Carreño), l’animatore del ” Chantecler”, dove negli anni ’30 l’orchestra del maestro si metteva in luce mentre le coppie danzanti “le sacaban viruta al piso”.

Priva di avere una propria orchestra, D’Arienzo, che aveva studiato violino nei conservatori Mascagni e Thinaud-Piazzini, si mise in mostra in molte altre formazioni. Fin dall’inizio restò vincolato ad Angel D’Agostino, con il quale, attraverso varie esibizioni, sostituì l’orchestra di Roberto Firpo nel Teatro Nazionale. Ciò accadde quando Firpo, per altri impegni di lavoro, non riuscì più a presenziare la rappresentazione di Cabaret Montmartre, di Alberto Noviòn, nel 1919. Laddove Maria Luisa Notar cantava in scena un testo intitolato “Flor de fango”, che Pascual Contursi aveva scritto per il tango “El desalojo”, di Augusto Gentile.

Posto che la musica è una sola, D’Arienzo ebbe tuttavia occasione di suonare il suo strumento nella rondalla di “Cauvilla Prin” e nella jazz band di Nicolas Verona. Nel 1922 viaggiò in Europa e al ritorno tornò ad impugnare l’archetto del suo strumento insieme a D’Agostino, unione alla quale presto si aggregò Anselmo Aieta.

Nel 1926 già era titolare d’orchestra, poiché D’Agostino era stato rimpiazzato da Luis Visca, musicista formatosi con Juan Maglio.

Quando nel 1927 l’etichetta Electra contattò il giovane cantante Carlos Dante, lo portò a D’Arienzo affinché lo accompagnasse. Dopo aver condiviso el rubro con Juan Polito, torna con Luis Visca ed è l’orchestra D’Arienzo-Visca quella che compare al “Chantecler”, nel 1934. Più tardi, Visca si ritira per motivi familiari e D’Arienzo si prende carico del rubio.

Nel gennaio del 1936 confida il progetto a Rodolfo Biagio, il quale in due anni e mezzo trasformò il gruppo e gli conferì quell’impronta che non si cancellò neppure con la diserzione quasi totale dei musicisti, prodotta nel 1939.

Della epoca di Biagi , è la avvolgente versione di “La puñalada”, di Pintìn Castellanos, e quella non meno spettacolare della “Cumparsita”. Nel frattempo la formazione viene mandata dalla radio El Mundo, e attraverso quegli studi arrivarono al paese e dintorni quelle ventate di armonia che D’Arienzo e Biagi scatenavano, notte dopo notte, dal palco del “Chantecler”.

Musicisti vigorosi come Polito, Salamanca e Héctor Varela o squisiti come Cayetano Puglisi; cantanti di buona scuola come Héctor Mauré, Juan Carlos Lamas, Armando Laborde e il riojanito Enrique Carbel e altri che si sarebbero definiti il prolungamento della sua orchestra, come Alberto Echague, risposero con disciplina alla” conduzione coscienziosamente istrionica del maestro”, esprime lo studioso José Gobello.

Parlando dell’orchestra di D’Arienzo, José Gobello segnala l’armonia dei suoni, delle voci e persino dei gesti:

Restituì al Tango il Tango dalle labbra ai piedi, contrariando Contursi che lo aveva portato dai piedi alle labbra e, a pareggiare i conti, aprì il cammino a quel prodigio di equilibrio tanguero che furono, ciascuna in proprio, le indimenticabili orchestre degli anni ’40“.

Musica di Juan D’Arienzo

Ascolta i tanghi più famosi di Juan D’Arienzo.

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Video di Juan D’Arienzo

Conosci personalmente Juan D’Arienzo vedendo i migliori video dove dirige la sua orchestra e suona del buon tango.

Juan D’Arienzo - Tango “Loca”

Juan D’Arienzo - Tango “La Cumparsita”

Juan D’Arienzo - Tango “Mi Japon”

Juan D’Arienzo - Tango “Paciencia”

Juan D’Arienzo - Tango “De Puro Curda”

Juan D’Arienzo - Tango “9 de Julio”

Juan D’Arienzo - Tango “Remembranzas”

Juan D’Arienzo - Tango “Nada Mas”

Traduzione italiana di Fabio Antonucci

Written by admin in: Musica | Tag:

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